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Emilia-Romagna

Giocare a calcio, contro il razzismo che c'è nel sangue

Intervista a Youssif Laazizi, difensore del Casablanca, la squadra del torneo Uisp di Forlì-Cesena che si è stancata degli insulti

di Vittorio Martone

 

FORLÌ - Youssif Laazizi è un difensore del Casablanca, la squadra di calcio del campionato Uisp di Forlì-Cesena che, dopo aver ricevuto insulti razzisti sul campo, ha deciso prima di ritirarsi e poi di continuare a giocare, per dire insieme all'associazione dello "sportpertutti" no a qualsiasi forma di discriminazione. Ventinove anni, operaio, Youssif è arrivato in Italia nel 2006, stabilendosi direttamente a Forlì da dove lo avevano chiamato con un contratto prima del trasferimento. Da tre anni gioca nel Casablanca ed è proprio lui che oggi ha guidato la delegazione che ha ricevuto in dono dal sindaco di Forlì, Roberto Balzani, la riproduzione del sigillo di Caterina Sforza, segno di amicizia e simbolo della comunità forlivese. All'evento, che ha segnato un parziale epilogo di questa vicenda di razzismo, era presente anche una rappresentanza Uisp, che al Casablanca ha donato le magliette dei Mondiali Antirazzisti accompagnate dall'invito a partecipare, a luglio prossimo, a questa festa contro le discriminazioni.

Youssif, parliamo innanzitutto della vostra attività come squadra.
"Gli allenamenti con costanza sono iniziati quest'anno, perché prima non avevamo un campo. Ne abbiamo chiesto uno al comune, che ci ha dato quello vicino al Morgagni, dove ci alleniamo due volte a settimana. L'anno scorso non avevamo i soldi per allenarci, e anche quest'anno sono pochi, perché la maggior parte dei giocatori non ha un lavoro. Su 19 solo in sei o sette lavorano. Ogni sabato ci incontriamo dal capitano Rachid, a casa sua, e iniziamo a discutere sulla partita, sulla formazione".

Parliamo della vostra esperienza nei tornei Uisp?
"Il primo anno abbiamo giocato nei dilettanti, vincendo. Poi il secondo anno abbiamo giocato la finale dei play off. Quest'anno siamo secondi, anche se con un po' di difficoltà economica. La nostra esperienza è sempre stata tranquilla, a parte quando sentiamo quelle parole che feriscono l'anima. Con la Uisp abbiamo una ottima relazione. Ci aiutano per i campi, ci rispondono sempre. Economicamente ci dividono la somma dell'iscrizione a rate, così possiamo iniziare a giocare anche se mancano i soldi. L'associazione ci ha aiutato molto e ci aiuta ancora".

Oltre al campionato, voi avete partecipato anche al Mundialito, il torneo per l'integrazione organizzato dalla Uisp Forlì-Cesena con la consulta degli stranieri e il comune. Com'è andata lì?
"Il Mundialito è stata un'esperienza bellissima, con squadre di tutto il mondo. Nella finale abbiamo giocato, e perso, con l'Italia. C'era un clima di grande tolleranza sia da parte dei tifosi che dei giocatori, con scuse immediate se c'erano contrasti. Un clima fantastico, più disteso di quello del campionato. Dove invece le tensioni ogni tanto ci sono, quando vinciamo soprattutto".

Parliamo di queste tensioni.
"Ma se ci sono alcuni ignoranti, per natura fatti così, non voglio giudicare, ma non voglio che diano problemi agli altri. Perché sentirsi dire un 'vai a casa' quando sei in campo non ti aiuta e non ti fa piacere. Però speriamo così che sia arrivato un messaggio chiaro e tondo".

E rispetto alle altre squadre del campionato, quelle in cui non ci sono razzisti o che hanno giocatori stranieri, che ti senti di dire?
"Apprezzo tutti i giocatori che giocano nella Uisp. Non volevamo che si sentissero coinvolti".

E comunque ora avete dato un forte segnale contro chi ancora usa insulti razzisti. Vi aspettavate questo clamore?
"Sinceramente non ce l'aspettavamo. Noi abbiamo solo raccontato il fatto a un giornalista molto conosciuto a Forlì. Lui ha fatto i suoi controlli e verificato le nostre parole. Dal suo articolo è partito tutto".

Oggi avete ricevuto un invito ufficiale ai Mondiali Antirazzisti? Li conoscevi già? Ci andrete?
"Oggi tutta la squadra di Casablanca ha apprezzato tutta la solidarietà della Uisp, che era rappresentata da tutti, dal presidente regionale a quello di Forlì-Cesena, con anche la lega calcio. Erano tutti accanto, a darti la mano. Una cosa meravigliosa. È un modo bellissimo per ricominciare a giocare e affrontare le nuove partite. Dei Mondiali so solo che si fanno fuori Forlì. Dopo questo invito spero di sì, che ci andremo, soprattutto se non ci saranno problemi economici. Sarà un po' difficile a luglio che ci sarà il Ramadan, ma ne discuteremo stasera. Non possiamo rifiutare questo invito".

Torniamo al campionato. Che situazione pensate di trovare ora che si ricomincia a giocare?
"Sinceramente non posso dire niente. Tutto si vedrà nella prossima partita, se ci sarà pubblico o no. Entriamo in campo con molta fiducia nella città di Forlì che ha dato una speranza forte contro il razzismo".

Giocherete con il Castelnuovo. Che partita ti aspetti?
"Con loro al girone d'andata abbiamo vinto tre a zero. Speriamo che vada bene anche al ritorno. Sarà difficile, anche perché abbiamo molti squalificati".

Nella cerimonia di oggi al comune hai detto che continuerete a lottare contro il razzismo. È una bella responsabilità in più rispetto al solo giocare a calcio.
"È una responsabilità molto pesante. Non si immagina mai e non si può valutare la mentalità dell'avversario. Il razzismo che c'è nel sangue non si può prevedere. Speriamo che tutto questo faccia capire che si può cambiare. Ripeto, se c'è un giocatore che in campo ti 'manda a casa' non è più lo stesso in una partita".

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